lunedì 25 luglio 2011

LETTERA D'AMORE AD ELROND PER I SUOI 21 MESI



Caro Elrond,
ti scrivo mentre riposi accanto a me. Io sul divano, tu sul freddo pavimento che stempera il calore di questo giorno estivo. Ti guardo e mi accorgo una volta ancora di quanto io sia perdutamente innamorato di te. Però bada bene, il mio è un amore specifico, l’amore che credo si debba riservare ai cani. Non una traduzione sbilenca di quello che dedichiamo ai  nostri simili: gli umani.

L’amore per te è un’alchimia di rispetto e di desiderio di protezione.  Il rispetto per il tuo essere: così gioioso, così puro, così immediato. Qualcuno pensa che il cane ti viva accanto. È invece io dico che tu, Elrond, vivi con me. Con me e Simona. Sei in ogni nostro istante con la bellezza dei tuoi occhi che scintillano e con la tua coda che spazza l’aria come una vela orgogliosa. Vivi con noi sempre.

 Quando esco senza di te e non sento la dolce tensione del guinzaglio è come se al mio corpo mancasse un arto e la mio sguardo parte della sua vista.  In un libro di Pennac ho letto: “Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione”. Che immensa verità Elrond: da quando sei nella mia vita mi hai aiutato a recuperare una parte dell’esistenza che mi stava sfuggendo di mano. Quella parte si chiama: riflessione.

Rifletto al mattino quando usciamo nel paese che dorme ancora, lungo la stradina di campagna che costeggiando dal basso il convento porta allo stadio dove poi corriamo insieme. Rifletto seduto sulla panchina mentre tu riposi dopo aver giocato con la tua corda intrecciata che tiri e strattoni con il sorriso stampato sul muso. Rifletto nelle sere ventose d’autunno, in quelle gelide d’inverno, in quelle morbide di primavere e in quelle calde d’estate mentre insieme percorriamo stradine che non conosciamo. O che ripercorriamo perché ci sono piaciute. Elrond tu mi hai regalato una nuova prospettiva del tempo e anche di questo ti ringrazio.

Ogni cane ha bisogno di un padrone. E ogni uomo ha bisogno di un cane. Anche se non lo sa. Io non lo sapevo. Ora ne ho preso coscienza. Avevo bisogno di te, Elrond. Me ne accorgo quando mi alzo al mattino e tu entri nel giorno con me. Non vieni mai a disturbare il mio sonno, ma ne assecondi i tempi e la durata. Ti limiti solo ad avvicinarti alle mie labbra. Ad annusare il mio respiro e poi torni al tuo posto, in attesa che io mi liberi dei residui della notte trascorsa.

Mi accorgo che ho bisogno di te quando guardo alla natura con un sentimento rinnovato. Questo anche mi hai insegnato: che la bellezza sta dappertutto, anche in quello che il nostro sguardo distratto ha smesso di notare. Non è retorica. Basta vedere come è cambiata la mia vita. Prima di te ho sempre vissuto in città. Innamorato della frenesia e del fragore delle strade trafficate di gente. Ora le folle mi inorridiscono. Il cemento mi dà la nausea. I rumori mi inebetiscono. Ora m’incanto alla vista di un prato e resto rapito davanti a uno scenario di nuvole e pecore. 

Non credo di aver perso nulla andando via dalla bella casa dove abitavo, rinunciando alla bella macchina sportiva che avevo, mettendo da parte le belle serate mondane a cui partecipavo. Ho guadagnato il vero senso del bello, che mi hai insegnato mio piccolo amico provvisto di coda!

Potrei scrivere pagine e pagine sul profondo amore che nutro per te, ma mi limito solo a un grazie che tu non capirai mai e non leggerai mai, ma che sono sicuro riuscirai ad intuire nel mio sguardo che ti carezza, ammirato.

lunedì 11 luglio 2011

SETTE GIORNI PER UN CALZINO

Tra le grandi domande dell’umanità (cosa c’è dopo la morte? Da dove veniamo? Qual è lo scopo nella nostra vita?) un’altra accompagna le mie riflessioni quotidiane da quando ho Elrond: ma quanto tempo può restare un calzino nell’intestino di un cane?

La scienza è interdetta. La filosofia si arrovella. Le religioni dibattono. Fatto sta che Elrond sta provando a darmi risposta.

Nei 20 mesi della sua vita ha già fatto fuori la bellezza di 7 calzini e uno slip (minislip) di Simona. Tutti rimessi in libertà dal lato A (la bocca) o dal lato B (non c’è bisogno di specificare, credo abbiate capito)! Di solito hanno stazionato per un paio di giorni.

Ora non fraintendetemi, non la prendo alla leggera. Come scrisse Woody Allen – uno che di ironia se ne intende: “La comicità è tragedia + tempo”. Questo per dire che ogni volta che abbiamo scoperto il nostro diavoletto mentre divorava un nostro piccolo capo d’abbigliamento siamo stati colti da ansia e nervosismo. E in un paio di casi abbiamo subito provveduto facendogli ingurgitare (su consiglio del veterinario) un po’ di acqua ossigenata che ha una potenza pro-vomito più terrificante della visione di uno dei capitoli della saga di SAW.

In due o tre casi non ce ne siamo accorti al momento del fattaccio, ma solo in quello dell’espulsione. Come quando una mattina, mentre avevo un ospite importante a casa mia, lo vedo improvvisamente dare di stomaco una sorta di “alien” sul mio pavimento bianco. Pensate a me di fronte a questo ospite, mentre il mio cane (di cui fino a pochi secondi prima avevo tessuto le lodi per la sua intelligenza, pulizia e docilità) divarica la fauci come un essere di un altro pianeta e lascia uscire una forma immonda (rivelatasi poi, infatti, un bel calzino nero preso chissà dove).

Tutto questo capitava l’anno scorso. Poi abbiamo imparato a non lasciare nulla di intimo alla sua portata o ha imparato lui a non prendere più nulla. Fino a una decina di giorni fa.

Simona va a fare la doccia. Lascia in bagno due pedalini (quei piccoli calzini bianchi che si usano nelle scarpe basse e che, per la loro qualità di sparire alla vista di chi guarda, sono detti anche “fantasmini”). E cosa più grave: lascia la porta aperta. Dopo un po’, mentre sono al computer, mi viene il dubbio che c’è troppo silenzio in casa.  La suspence sale. Arrivo al pouf di Elrond ed ecco che il mio incubo si materializza: mezzo calzino è già sparito nelle sue fauci. Appena mi vede, lo inghiotte in un sol boccone! Provo ad aprirgli le fauci per tirarlo fuori. Ma sono serrate peggio di quelle di un pitbull assetato di vendetta!

La mia incazzatura è solo pari allo sconforto! Sono arrabbiato per la leggerezza di Simona e scoraggiato da queste “monellerie” (pericolose) di quello che ormai non è più un cucciolo.  Logicamente i danni avvengono sempre di sabato sera o di domenica, il momento peggiore per chiedere consiglio al veterinario. Ho sempre un grande riserbo e quindi opto per il non disturbarlo, memore delle tante “evacuazioni pericolose” di Elrond che per esperienza ha sempre cacciato via ciò che non dovrebbe essere nel suo stomaco.

Proviamo non senza difficoltà a somministrargli un po’ di acqua ossigenata, ma temendo di “avvelenarlo” gliene diamo solo un po’. Niente, resiste e non vomita. Intanto arriviamo a lunedì e del pedalino ancora nessuna traccia. Divento una specie di archeologo delle feci, esaminando con fare sospetto e disgustato i resti fisiologici che Elrond semina per strada. Una signora mi guarda osservare (e aprire con un lungo ramo secco)  una scultura morbida di escrementi del mio cane e dalla faccia schifata capisco che mi ha scambiato per un maniaco con qualche pericolosa disfunzione mentale. Io le sorrido come un ebete.

Chiamo preoccupato il veterinario il quale si arrabbia perché non l’ho interpellato subito. Dice che il pericolo che resti nell’intestino è reale e non devo peccare di leggerezza. Gli rispondo che per ora è sempre regolare. Feci mattina e sera, senza nessun intoppo. Mi consiglia un pappone di patate bollite reso purè. Elrond apprezza, ma del calzino nulla. L’unico risultato sono escrementi di un bel giallo dorato.

Passano i giorni. Ogni uscita, arrivato il momento dell’evacuazione, per me è un thriller. La farà o non la farà? E ogni volta torno a casa rincuorato. Ormai sono passati 6 giorni. Mi convinco che l’ha espulso senza accorgermene. Tiro un sospiro di sollievo.

La mattina del settimo giorno dopo il ritorno dall’uscita mattutina, improvvisamente, Elrond vomita e lì dentro cosa troviamo? Il fantasmino scomparso! Un’apparizione!

E la risposta incredibile alla mia domanda. Un calzino può rimanere anche una settimana dentro lo stomaco di un cane. Incredibile! Da quel giorno nessun calzino si trova a meno di 2 metri d’altezza dal pavimento (non ci tengo a vedere se il record può essere battuto).
  

lunedì 4 luglio 2011

QUANDO IL BORDER COLLIE DIVENNE UN IPPOPOTAMO

Prima di prendere un cane non potevo immaginare che la vita insieme sarebbe stata costellata di tanti piccoli incidenti, di ansie da prestazione (cioè sul come tenerlo al meglio) , da angosce ipocondriache, da una interminabile “serie di sfortunati eventi”(citando il film “Lemony Snicket”) .

Elrond, barone di Petrademone, sin dall’inizio della sua vita con noi si è dimostrato un ostinato cacciatore di guai. Dalla zampa quasi fratturata a 5 mesi alla erlichiosi (la malattia delle zecche) presa lo scorso anno, dall’hot spot curato con bendaggi e collare elisabettiano a una forma temporanea di piccola alopecia sul muso, da calzini ingurgitati (ed espulsi) con famelica ingordigia al sangue nelle feci (che alla fine non era assolutamente nulla di grave). Il campionario di spaventi che io e Simona ci siamo presi ha messo a dura prova le nostre fragili coronarie. Per dei tipi apprensivi come noi, anche un suo starnuto può diventare causa di interminabili ricerche su internet – che mi sento di sconsigliare vivamente a chiunque avesse qualche dubbio medico sia per sé che per i propri cari, a dar conto alle ricerche su google una semplice cefalea può essere il sintomo sicuro di un tumore cerebrale - e corse dal veterinario.

Ultimo sfortunato evento in ordine di tempo è capitato il 16 giugno scorso. Ecco la cronaca di questa mattinata di terrore.

Sto per andare al lavoro. Ma prima di questo devo portare l’auto in concessionaria per un tagliando. Gioco con Elrond, ma questa volta non seguo la solita routine che prevede un po’ di esercizio fisico al campo sportivo di Giffoni – con corse sfrenate insieme. Non ho il tempo per farlo. così gioco nel patio di casa. Tira&molla con la corda intrecciata, lancio della pallina e amenità del genere. Lascio Elrond a Simona e mi avvio dal mio amico che prenderà in consegna l’auto per portarla al concessionario per il tagliando. Gli do le chiavi dell’auto e mi avvio verso la Cittadella del Cinema, il mio posto di lavoro. Arriva una telefonata da Simo. Il suo nome sul cellulare già mi preoccupa. l’ho lasciata da 5 minuti, perché dovrebbe chiamarmi?

Apro una parentesi su Simona. Lei è famosa per la sua inclinazione drammatica nella percezione dell’esistenza. Nel senso che ha la capacità di ingigantire qualsiasi accadimento tanto da farlo diventare un evento! Più volte ho rischiato l’infarto per i suoi allarmi lanciati in casa, praticamente per nulla. “Manlio corri!” arrivo in cucina, per esempio, e trovo semmai un po’ d’acqua in terra. Ma così poca che anche una zanzara la rifiuterebbe come pozzanghera in cui depositare i propri zanzarini! Oppure esordisce al telefono: “devo dirti una cosa importante”. Io comincio ad agitarmi e alla fine era qualcosa di talmente poco significativo che avrei voglia di mangiarmi il cellulare! Lei è fatta così, ha un tono e una espressione delle emozioni sempre molto “plateali”. Chiusa parentesi.

Eravamo alla telefonata.
“Dimmi Simo che c’è?”
“Una cosa grave…. Elrond ha un bubbone vicino all’occhio”
Io sospiro, immagino questo rigonfiamento invisibile ad occhio nudo ed anche al microscopio.
“No davvero, Manlio, si sta gonfiando”.
“Simo, ho già dato le chiavi dell’auto. Forse te lo stai immaginando”.

Lei non è convinta, ma chiudiamo la telefonata. Passa un minuto e mezzo. Ora è quasi isterica al telefono “Gli si sta gonfiando la faccia! Sta diventando come un pallone”. Comincio ad innervosirmi! Non ho più l’auto e a casa si sta consumando una tragedia. Faccio una corsa. Per fortuna l’amico a cui ho dato le chiavi è un “perditempo olimpionico”. Dote che di solito mi dà sui nervi, ma questa volta si rivela preziosa. Ancora non si è mosso con la mia auto e così posso recuperarla per fiondarmi a vedere se Elrond davvero si sta gonfiando o è Simona ad aver dilatato la verità.

Arrivo a casa in 2 minuti netti. Apro la porta e mi trovo di fronte un cane che vagamente somiglia a Elrond. Ha la testa 2 volte la sua! Il suo muso stretto e regale ha lasciato il posto al volto di un ippopotamo bianconero (eventuali riferimenti a juventini è assolutamente non voluto). I livelli della mia apprensione raggiungono vertiginosamente lo stato d’allarme  rosso. Il primo sintomo è che smetto di ragionare e la paura sottrae sangue al mio cervello. Agisco, prima di pensare. Così carico subito Elrond in auto, trascino Simona in ciabatte accanto al posto di guida. Abbiamo già sentito il veterinario, Luca, che ci dice di portarlo subito da lui perché si tratta di uno shock anafilattico. Chissà forse causato da una puntura di vespa.

Giffoni – Salerno. 25 km di strade tortuose percorsi nel tempo record di 16  minuti, quando di solito ne impiego più del doppio. Sorpasso che sembro Schumacher ai tempi d’oro. Infrango almeno 13 leggi stradali (tipo sorpasso col rosso e doppia striscia continua) rischiando di perdere più punti sulla patente di quanto se ne possano accumulare in 3 esistenze.

Mentre guido come un forsennato cerco di capire cosa abbia potuto procurargli questa reazione allergica. È incredibile, ogni mattina da mesi facciamo una strada di simil-campagna con tanti insetti, erbacce e cose del genere e non gli è mai successo nulla, la prima mattina che restiamo nel pulito e tranquillo patio di casa mi ritrovo un cane gonfiato ad elio!

Arriviamo a destinazione. Apro lo sportello di dietro dell’auto e ci accorgiamo di aver dimenticato il guinzaglio a casa. Abbiamo parcheggiato a poche decine di metri dal veterinario, ma attraversare la strada n queste zona di Salerno con Elrond senza guinzaglio equivale a mandarlo a sicura morte! C’è il traffico di punta di una città in cui sembra che la mattina nessuno lavori! Ah benedetto Sud!

Non mi perdo d’animo. Mi sfilo la cintura Diesel dai pantaloni e la faccio passare nell’anello del collare. Lo affido a Simona, mentre vado a mettere a posto l’auto. La scena è alquanto ilare: Simona in ciabatte che porta al guinzaglio/cintura di pelle un cane dalla faccia simile ad un ippopotamo!

Quando entro anche io dal veterinario Elrond ha già avuto la sua puntura di cortisone. Luca e Amelia, i nostri veterinari, mi spiegano cosa è potuto succedere e come fare la siringa intra-muscolare nel caso capiti ancora. Mi dicono che la faccia (loro sono i primi a farmi notare la somiglianza del mio cane con l’animale della savana che sguazza nelle pozzanghere fangose ed è conosciuto scientificamente col nome di Hippopotamus amphibius) si sgonfierà nel giro di 24 ore.

Che pena a guardarlo così. Sembra molto più tonto e più goffo con questo viso, ma ancora una volta mi rendo conto di quanto il nostro amore per questo cane sia infinito e ogni suo piccolo problema diventi per noi causa di affanni senza pari!

Comunque il mattino dopo la sua faccia spiritata da diavoletto peloso è tornata perfettamente come prima. E l’ippopotamo ridivenne un border!


LinkWithin

Related Posts with Thumbnails