martedì 25 ottobre 2011

ELROND COMPIE 2 ANNI - prima parte

Mi sveglio come ogni giorno alle 7.30
la sveglia del cellulare invade la stanza come un ospite indesiderato. Elrond conosce quel suono. lascia il suo pouf che ha i suoi stessi colori e viene accanto a me. Non si tuffa sul letto, ma semplicemente appoggia il suo lungo muso sul mio petto, sotto le mie braccia, accanto al mio viso. Sniffa l'aria intorno al mio sonno. la sua è una presenza calda e discreta, come un abbraccio non invadente. Mi alzo e la giornata profuma già di lui. L'amore per lui cresce nel tempo e la sua presenza ci è diventata indispensabile.

Oggi è un giorno speciale. compie 2 anni! Lo so, le date sono arbitrarie, contano poco per gli umani (anche se noi non smettiamo di dar loro un significato pieno di pathos) figuriamoci per gli animali, individui seri e senza fronzoli! per lui il 25 ottobre è una delle tante giornate scandite dalla sua gioia di vivere e dalla voglie di correre dietro qualsiasi cosa rotoli o rimbalzi o strisci. 

Elrond a 2 mesi, prima foto a casa nostra


Mi torna alla mente il suo arrivo a casa. quello spaesamento di chi si trova in un ambiente nuovo, quella faccia dolce (sarebbe stata solo la maschera che nasconde il piccolo demonio), quei movimenti goffi. sembrava così innocuo. appunto... sembrava!

I primi mesi sono stati da incubo. chi ha letto il mio blog se ne è fatto un'idea. c'erano momenti in cui io e simona eravamo disperati. ci chiedevamo come era possibile che un piccolo esserino in pelo come quello poteva mettere a soqquadro una casa e una vita!

A tre mesi, un piccolo boss
Non sapevamo come gestirlo. lui era padrone del nostro tempo e sempre un pò distaccato. Non conosceva il significato della parola "coccola" (parola che odio e di cui vorrei dimenticare anche io il suono!). quando si avvicinava a te era solo per infilzarti con i suoi aguzzi denti da squaletto. Simona era sconfortata, voleva un cucciolo da spupazzare e si ritrovava un "serial biter" (morditore seriale) dallo sguardo penetrante.

lo sbadiglio del diavolo, a quattro mesi

A 4 mesi il carattere era già quello di Elrond. fiero, schizzinoso, poco incline ad essere domato, non troppo giocoso con gli altri cani, concentrato, del tutto preso dal rapporto uomo-cane. Ha sempre preferito un sano tira alla corda con me che schizzare via con gli altri cani verso un mondo pieno di zampe saltellanti.


uno sguardo da adulto, cinque mesi
A 5 mesi pensavamo avesse deciso per le orecchie all'ingiù. Questa conformazione gli dava un'aria più mite e dolce. ma l'aria di un border non deve mai ingannarmi. dentro di lui batteva sempre il cuore indomito di un cagnaccio da lavoro, tutto dedizione e dinamismo. Anche troppo. é stato subito chiaro che la vita sedentaria non sarebbe stata possibile (non che io e simo l'amassimo prima del suo arrivo). Elrond è un cane che ti impone di staccare la spina dalla tua vita quotidiana fatta di lavoro e di facezie varie.

In spiaggia pronto per la palla, a sei mesi

Il lavoro sulla fiducia reciproca è un rito quotidiano. lui è lì pronto ad apprendere, una spugna meravigliosa che ti guarda con adorazione, ma senza darti scampo. Ha tirato le orecchie su. definitivamente. e ha tirato su il suo carattere solido. gli angoli cominciano a smussarsi, ma resta un capoccione a cui non piace troppo sottomersi. avete presente Leonida a capo degli Spartani: ecco il tipo!

TO BE CONTINUED... A TRA POCO

mercoledì 19 ottobre 2011

IL PRIMO INCONTRO CON UN GREGGE

Il primo incontro di un border con un gregge non si dimentica.

Anche se quel gregge è formato da 2 caprette, come nel nostro caso con Elrond. Non si dimentica perché chi non ha mai avuto occasione di provare questa esperienza non può immaginare quale luce si nasconda nel fondo degli occhi di questi cani, felici come matti dietro una palla, dentro un tubo, sopra un ostacolo, ma mai STREGATI come di fronte al loro sogno incarnato: l’animale da governare.

È come per un maggiordomo inglese dell’800 trovarsi davanti alla possibilità di mettere in ordine la casa di campagna dei Tudor! Una goduria che il DNA ha allestito e assaporato fin dentro la placenta di mamma border.

Pochi giorni fa abbiamo avuto finalmente modo di assaporare questo momento di epifania. Siamo stati dalla nostra amica Joanna che ora gestisce col suo compagno un delizioso casale con terreno che si chiama semplicemente IL LUOGO. E qui oltre 2/3 cani che vagano sonnolenti e liberi, un piccolo pony che silenziosamente tormenta il fieno prima di mangiarlo e tre border felici (mamma Cassandra e le sue due piccole cucciole Molly e Megan), ci sono due splendide caprette tibetane: TOTO’ e HEIDI.

Quando Elrond le vede dà uno strattone al guinzaglio che quasi mi stacca il braccio dal corpo sul modello di un film pulp tipo SAW. Avete presente? Lo tengo a fatica. Chiedo a Joanna se posso liberare il mostro e vedere il suo comportamento. Temiamo remotamente che possa balzare su di loro e sbranarle. Heidi mangiata da un border! Detta così suona bene per chi non ha mai sopportato quella bambina mielosa che zampettava a piedi nudi sui prati rompendo l’anima al povero nonno che prima di lei se ne stava tranquillo e in santa pace tra i monti sopra Francoforte!

Ma il dna non è acqua. E così – una volta slegato – si fionda su di loro. Ma non per affondare i denti nelle loro tenere carni, bensì per metterle in fuga e alla fine stringerle conto un muro dove, con l’aiuto di Cassandra, le due malcapitate sono rimaste per un bel po’ di tempo senza possibilità di scappar via. Nonostante Totò provasse con le sue minuscole corna (diciamo come quelle di un marito la cui moglie è uscita solo un paio di volte con un altro uomo) a infilzare Elrond, a dir la veritò poco preoccupato di quelle minuscole escrescenze!

Emozionante, da brividi. Elrond è concentrato, focalizzato con i suoi occhi di brace sulle due caprette, non lascia scampo né campo libero. È un altro cane! Come veder uscire fuori dal bozzolo una farfalla che prima era un bruco. La vera anima di questa razza: tenere a bada animali dal cervellino poco fine! (purtroppo non mi sto riferendo a quelle persone, per esempio, che in treno hanno la suoneria alta con una canzone di shakira, che leggono Novella 3000, che mangiano a bocca aperta, che hanno negli occhi l’abisso dell’idiozia)

Chi legge questo blog e non ha un cane correrà a comporre il numero della Neuro. Chi ha un cane e non ha un border penserà che sono un deviato. Chi ha un border da più tempo di me annuirà sicuro di sé e dirà a me, sottovoce: finalmente l’hai capito.. è questo che Elrond dovrebbe fare!

eppure la storia ha un finale imprevisto. improvvisamente, mentre Elrond è lì che fa il secondino di ferro con le due caprette carcerate, spunta una palla. e lui che fa? abbandona il suo lavoro e si fionda verso la rotolante delizia al centro della sua vita di cane! Elrond è sempre il signore delle palle!

lunedì 25 luglio 2011

LETTERA D'AMORE AD ELROND PER I SUOI 21 MESI



Caro Elrond,
ti scrivo mentre riposi accanto a me. Io sul divano, tu sul freddo pavimento che stempera il calore di questo giorno estivo. Ti guardo e mi accorgo una volta ancora di quanto io sia perdutamente innamorato di te. Però bada bene, il mio è un amore specifico, l’amore che credo si debba riservare ai cani. Non una traduzione sbilenca di quello che dedichiamo ai  nostri simili: gli umani.

L’amore per te è un’alchimia di rispetto e di desiderio di protezione.  Il rispetto per il tuo essere: così gioioso, così puro, così immediato. Qualcuno pensa che il cane ti viva accanto. È invece io dico che tu, Elrond, vivi con me. Con me e Simona. Sei in ogni nostro istante con la bellezza dei tuoi occhi che scintillano e con la tua coda che spazza l’aria come una vela orgogliosa. Vivi con noi sempre.

 Quando esco senza di te e non sento la dolce tensione del guinzaglio è come se al mio corpo mancasse un arto e la mio sguardo parte della sua vista.  In un libro di Pennac ho letto: “Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione”. Che immensa verità Elrond: da quando sei nella mia vita mi hai aiutato a recuperare una parte dell’esistenza che mi stava sfuggendo di mano. Quella parte si chiama: riflessione.

Rifletto al mattino quando usciamo nel paese che dorme ancora, lungo la stradina di campagna che costeggiando dal basso il convento porta allo stadio dove poi corriamo insieme. Rifletto seduto sulla panchina mentre tu riposi dopo aver giocato con la tua corda intrecciata che tiri e strattoni con il sorriso stampato sul muso. Rifletto nelle sere ventose d’autunno, in quelle gelide d’inverno, in quelle morbide di primavere e in quelle calde d’estate mentre insieme percorriamo stradine che non conosciamo. O che ripercorriamo perché ci sono piaciute. Elrond tu mi hai regalato una nuova prospettiva del tempo e anche di questo ti ringrazio.

Ogni cane ha bisogno di un padrone. E ogni uomo ha bisogno di un cane. Anche se non lo sa. Io non lo sapevo. Ora ne ho preso coscienza. Avevo bisogno di te, Elrond. Me ne accorgo quando mi alzo al mattino e tu entri nel giorno con me. Non vieni mai a disturbare il mio sonno, ma ne assecondi i tempi e la durata. Ti limiti solo ad avvicinarti alle mie labbra. Ad annusare il mio respiro e poi torni al tuo posto, in attesa che io mi liberi dei residui della notte trascorsa.

Mi accorgo che ho bisogno di te quando guardo alla natura con un sentimento rinnovato. Questo anche mi hai insegnato: che la bellezza sta dappertutto, anche in quello che il nostro sguardo distratto ha smesso di notare. Non è retorica. Basta vedere come è cambiata la mia vita. Prima di te ho sempre vissuto in città. Innamorato della frenesia e del fragore delle strade trafficate di gente. Ora le folle mi inorridiscono. Il cemento mi dà la nausea. I rumori mi inebetiscono. Ora m’incanto alla vista di un prato e resto rapito davanti a uno scenario di nuvole e pecore. 

Non credo di aver perso nulla andando via dalla bella casa dove abitavo, rinunciando alla bella macchina sportiva che avevo, mettendo da parte le belle serate mondane a cui partecipavo. Ho guadagnato il vero senso del bello, che mi hai insegnato mio piccolo amico provvisto di coda!

Potrei scrivere pagine e pagine sul profondo amore che nutro per te, ma mi limito solo a un grazie che tu non capirai mai e non leggerai mai, ma che sono sicuro riuscirai ad intuire nel mio sguardo che ti carezza, ammirato.

lunedì 11 luglio 2011

SETTE GIORNI PER UN CALZINO

Tra le grandi domande dell’umanità (cosa c’è dopo la morte? Da dove veniamo? Qual è lo scopo nella nostra vita?) un’altra accompagna le mie riflessioni quotidiane da quando ho Elrond: ma quanto tempo può restare un calzino nell’intestino di un cane?

La scienza è interdetta. La filosofia si arrovella. Le religioni dibattono. Fatto sta che Elrond sta provando a darmi risposta.

Nei 20 mesi della sua vita ha già fatto fuori la bellezza di 7 calzini e uno slip (minislip) di Simona. Tutti rimessi in libertà dal lato A (la bocca) o dal lato B (non c’è bisogno di specificare, credo abbiate capito)! Di solito hanno stazionato per un paio di giorni.

Ora non fraintendetemi, non la prendo alla leggera. Come scrisse Woody Allen – uno che di ironia se ne intende: “La comicità è tragedia + tempo”. Questo per dire che ogni volta che abbiamo scoperto il nostro diavoletto mentre divorava un nostro piccolo capo d’abbigliamento siamo stati colti da ansia e nervosismo. E in un paio di casi abbiamo subito provveduto facendogli ingurgitare (su consiglio del veterinario) un po’ di acqua ossigenata che ha una potenza pro-vomito più terrificante della visione di uno dei capitoli della saga di SAW.

In due o tre casi non ce ne siamo accorti al momento del fattaccio, ma solo in quello dell’espulsione. Come quando una mattina, mentre avevo un ospite importante a casa mia, lo vedo improvvisamente dare di stomaco una sorta di “alien” sul mio pavimento bianco. Pensate a me di fronte a questo ospite, mentre il mio cane (di cui fino a pochi secondi prima avevo tessuto le lodi per la sua intelligenza, pulizia e docilità) divarica la fauci come un essere di un altro pianeta e lascia uscire una forma immonda (rivelatasi poi, infatti, un bel calzino nero preso chissà dove).

Tutto questo capitava l’anno scorso. Poi abbiamo imparato a non lasciare nulla di intimo alla sua portata o ha imparato lui a non prendere più nulla. Fino a una decina di giorni fa.

Simona va a fare la doccia. Lascia in bagno due pedalini (quei piccoli calzini bianchi che si usano nelle scarpe basse e che, per la loro qualità di sparire alla vista di chi guarda, sono detti anche “fantasmini”). E cosa più grave: lascia la porta aperta. Dopo un po’, mentre sono al computer, mi viene il dubbio che c’è troppo silenzio in casa.  La suspence sale. Arrivo al pouf di Elrond ed ecco che il mio incubo si materializza: mezzo calzino è già sparito nelle sue fauci. Appena mi vede, lo inghiotte in un sol boccone! Provo ad aprirgli le fauci per tirarlo fuori. Ma sono serrate peggio di quelle di un pitbull assetato di vendetta!

La mia incazzatura è solo pari allo sconforto! Sono arrabbiato per la leggerezza di Simona e scoraggiato da queste “monellerie” (pericolose) di quello che ormai non è più un cucciolo.  Logicamente i danni avvengono sempre di sabato sera o di domenica, il momento peggiore per chiedere consiglio al veterinario. Ho sempre un grande riserbo e quindi opto per il non disturbarlo, memore delle tante “evacuazioni pericolose” di Elrond che per esperienza ha sempre cacciato via ciò che non dovrebbe essere nel suo stomaco.

Proviamo non senza difficoltà a somministrargli un po’ di acqua ossigenata, ma temendo di “avvelenarlo” gliene diamo solo un po’. Niente, resiste e non vomita. Intanto arriviamo a lunedì e del pedalino ancora nessuna traccia. Divento una specie di archeologo delle feci, esaminando con fare sospetto e disgustato i resti fisiologici che Elrond semina per strada. Una signora mi guarda osservare (e aprire con un lungo ramo secco)  una scultura morbida di escrementi del mio cane e dalla faccia schifata capisco che mi ha scambiato per un maniaco con qualche pericolosa disfunzione mentale. Io le sorrido come un ebete.

Chiamo preoccupato il veterinario il quale si arrabbia perché non l’ho interpellato subito. Dice che il pericolo che resti nell’intestino è reale e non devo peccare di leggerezza. Gli rispondo che per ora è sempre regolare. Feci mattina e sera, senza nessun intoppo. Mi consiglia un pappone di patate bollite reso purè. Elrond apprezza, ma del calzino nulla. L’unico risultato sono escrementi di un bel giallo dorato.

Passano i giorni. Ogni uscita, arrivato il momento dell’evacuazione, per me è un thriller. La farà o non la farà? E ogni volta torno a casa rincuorato. Ormai sono passati 6 giorni. Mi convinco che l’ha espulso senza accorgermene. Tiro un sospiro di sollievo.

La mattina del settimo giorno dopo il ritorno dall’uscita mattutina, improvvisamente, Elrond vomita e lì dentro cosa troviamo? Il fantasmino scomparso! Un’apparizione!

E la risposta incredibile alla mia domanda. Un calzino può rimanere anche una settimana dentro lo stomaco di un cane. Incredibile! Da quel giorno nessun calzino si trova a meno di 2 metri d’altezza dal pavimento (non ci tengo a vedere se il record può essere battuto).
  

lunedì 4 luglio 2011

QUANDO IL BORDER COLLIE DIVENNE UN IPPOPOTAMO

Prima di prendere un cane non potevo immaginare che la vita insieme sarebbe stata costellata di tanti piccoli incidenti, di ansie da prestazione (cioè sul come tenerlo al meglio) , da angosce ipocondriache, da una interminabile “serie di sfortunati eventi”(citando il film “Lemony Snicket”) .

Elrond, barone di Petrademone, sin dall’inizio della sua vita con noi si è dimostrato un ostinato cacciatore di guai. Dalla zampa quasi fratturata a 5 mesi alla erlichiosi (la malattia delle zecche) presa lo scorso anno, dall’hot spot curato con bendaggi e collare elisabettiano a una forma temporanea di piccola alopecia sul muso, da calzini ingurgitati (ed espulsi) con famelica ingordigia al sangue nelle feci (che alla fine non era assolutamente nulla di grave). Il campionario di spaventi che io e Simona ci siamo presi ha messo a dura prova le nostre fragili coronarie. Per dei tipi apprensivi come noi, anche un suo starnuto può diventare causa di interminabili ricerche su internet – che mi sento di sconsigliare vivamente a chiunque avesse qualche dubbio medico sia per sé che per i propri cari, a dar conto alle ricerche su google una semplice cefalea può essere il sintomo sicuro di un tumore cerebrale - e corse dal veterinario.

Ultimo sfortunato evento in ordine di tempo è capitato il 16 giugno scorso. Ecco la cronaca di questa mattinata di terrore.

Sto per andare al lavoro. Ma prima di questo devo portare l’auto in concessionaria per un tagliando. Gioco con Elrond, ma questa volta non seguo la solita routine che prevede un po’ di esercizio fisico al campo sportivo di Giffoni – con corse sfrenate insieme. Non ho il tempo per farlo. così gioco nel patio di casa. Tira&molla con la corda intrecciata, lancio della pallina e amenità del genere. Lascio Elrond a Simona e mi avvio dal mio amico che prenderà in consegna l’auto per portarla al concessionario per il tagliando. Gli do le chiavi dell’auto e mi avvio verso la Cittadella del Cinema, il mio posto di lavoro. Arriva una telefonata da Simo. Il suo nome sul cellulare già mi preoccupa. l’ho lasciata da 5 minuti, perché dovrebbe chiamarmi?

Apro una parentesi su Simona. Lei è famosa per la sua inclinazione drammatica nella percezione dell’esistenza. Nel senso che ha la capacità di ingigantire qualsiasi accadimento tanto da farlo diventare un evento! Più volte ho rischiato l’infarto per i suoi allarmi lanciati in casa, praticamente per nulla. “Manlio corri!” arrivo in cucina, per esempio, e trovo semmai un po’ d’acqua in terra. Ma così poca che anche una zanzara la rifiuterebbe come pozzanghera in cui depositare i propri zanzarini! Oppure esordisce al telefono: “devo dirti una cosa importante”. Io comincio ad agitarmi e alla fine era qualcosa di talmente poco significativo che avrei voglia di mangiarmi il cellulare! Lei è fatta così, ha un tono e una espressione delle emozioni sempre molto “plateali”. Chiusa parentesi.

Eravamo alla telefonata.
“Dimmi Simo che c’è?”
“Una cosa grave…. Elrond ha un bubbone vicino all’occhio”
Io sospiro, immagino questo rigonfiamento invisibile ad occhio nudo ed anche al microscopio.
“No davvero, Manlio, si sta gonfiando”.
“Simo, ho già dato le chiavi dell’auto. Forse te lo stai immaginando”.

Lei non è convinta, ma chiudiamo la telefonata. Passa un minuto e mezzo. Ora è quasi isterica al telefono “Gli si sta gonfiando la faccia! Sta diventando come un pallone”. Comincio ad innervosirmi! Non ho più l’auto e a casa si sta consumando una tragedia. Faccio una corsa. Per fortuna l’amico a cui ho dato le chiavi è un “perditempo olimpionico”. Dote che di solito mi dà sui nervi, ma questa volta si rivela preziosa. Ancora non si è mosso con la mia auto e così posso recuperarla per fiondarmi a vedere se Elrond davvero si sta gonfiando o è Simona ad aver dilatato la verità.

Arrivo a casa in 2 minuti netti. Apro la porta e mi trovo di fronte un cane che vagamente somiglia a Elrond. Ha la testa 2 volte la sua! Il suo muso stretto e regale ha lasciato il posto al volto di un ippopotamo bianconero (eventuali riferimenti a juventini è assolutamente non voluto). I livelli della mia apprensione raggiungono vertiginosamente lo stato d’allarme  rosso. Il primo sintomo è che smetto di ragionare e la paura sottrae sangue al mio cervello. Agisco, prima di pensare. Così carico subito Elrond in auto, trascino Simona in ciabatte accanto al posto di guida. Abbiamo già sentito il veterinario, Luca, che ci dice di portarlo subito da lui perché si tratta di uno shock anafilattico. Chissà forse causato da una puntura di vespa.

Giffoni – Salerno. 25 km di strade tortuose percorsi nel tempo record di 16  minuti, quando di solito ne impiego più del doppio. Sorpasso che sembro Schumacher ai tempi d’oro. Infrango almeno 13 leggi stradali (tipo sorpasso col rosso e doppia striscia continua) rischiando di perdere più punti sulla patente di quanto se ne possano accumulare in 3 esistenze.

Mentre guido come un forsennato cerco di capire cosa abbia potuto procurargli questa reazione allergica. È incredibile, ogni mattina da mesi facciamo una strada di simil-campagna con tanti insetti, erbacce e cose del genere e non gli è mai successo nulla, la prima mattina che restiamo nel pulito e tranquillo patio di casa mi ritrovo un cane gonfiato ad elio!

Arriviamo a destinazione. Apro lo sportello di dietro dell’auto e ci accorgiamo di aver dimenticato il guinzaglio a casa. Abbiamo parcheggiato a poche decine di metri dal veterinario, ma attraversare la strada n queste zona di Salerno con Elrond senza guinzaglio equivale a mandarlo a sicura morte! C’è il traffico di punta di una città in cui sembra che la mattina nessuno lavori! Ah benedetto Sud!

Non mi perdo d’animo. Mi sfilo la cintura Diesel dai pantaloni e la faccio passare nell’anello del collare. Lo affido a Simona, mentre vado a mettere a posto l’auto. La scena è alquanto ilare: Simona in ciabatte che porta al guinzaglio/cintura di pelle un cane dalla faccia simile ad un ippopotamo!

Quando entro anche io dal veterinario Elrond ha già avuto la sua puntura di cortisone. Luca e Amelia, i nostri veterinari, mi spiegano cosa è potuto succedere e come fare la siringa intra-muscolare nel caso capiti ancora. Mi dicono che la faccia (loro sono i primi a farmi notare la somiglianza del mio cane con l’animale della savana che sguazza nelle pozzanghere fangose ed è conosciuto scientificamente col nome di Hippopotamus amphibius) si sgonfierà nel giro di 24 ore.

Che pena a guardarlo così. Sembra molto più tonto e più goffo con questo viso, ma ancora una volta mi rendo conto di quanto il nostro amore per questo cane sia infinito e ogni suo piccolo problema diventi per noi causa di affanni senza pari!

Comunque il mattino dopo la sua faccia spiritata da diavoletto peloso è tornata perfettamente come prima. E l’ippopotamo ridivenne un border!


venerdì 24 giugno 2011

IL CANE CHE ODIA L'EURO

Anche nel mondo canino ci sono antipatie e simpatie. C’è poco da fare. Per quanto tu possa addestrare un cane, dargli equilibrio e giuste raccomandazioni, per fortuna c’è l’elemento “personalità” che non si fa incantare dai tuoi insegnamenti.

Con Elrond abbiamo percorso migliaia di chilometri per tramutare in realtà il sogno della “socializzazione perfetta”. Fino ai suoi primi 10 mesi non c'è stato cane per strada a cui non mi avvicinassi per permettere al mio border collie di odorare le sue parti intime e quindi fargli(/le) la radiografia sociale. Sembravo una specie nuova di maniaco, appostato in ogni angolo alla ricerca del mio oggetto del desiderio: il cane-con-cui-far-socializzare-Elrond.

Ne ero ossessionato. Pensavo che facendo così dal mio cucciolo sarebbe uscito un cane adulto pacifico e serafico come San Francesco, un Gandhi con pelo bianconero e coda vaporosa, un profeta a quattro zampe della convivenza civile e non violenta.

In linea di massima mi è andata bene, ma quando sono cominciati i primi scontri la mia fiducia cieca nella socializzazione miracolosa è venuta meno. Un morso nel costato di Rea (l’odiato Shar-pei dei miei genitori) le ha regalato qualche punto di sutura. Un pezzo dell’orecchio floscio del boxer Jack strappato via con un morso maligno del mio “pastorello”. Zuffe con Ozu, Uri, Brigadiere, Oliver… arrivato all’anno di vita ho capito che per quanto tu faccia odorare al tuo cane migliaia di testicoli di suoi simili, ci sarà sempre qualcosa che tra due maschi scatenerà l’inferno (altro che Gladiatore di Russel Crowe!).

Da quando abito a Giffoni (piccolo paese in provincia di Salerno, dove si svolge il famoso GIFFONI FILM FESTIVAL di cui sono il vicedirettore) la socializzazione si è un po’ arrugginita. In paese i cani fanno una vita diversa da quella che conducono i loro simili cittadini.

In città i cani escono molto di più, passeggiano, sono ovunque. È anche un’occasione di svago per i proprietari. In paese proliferano invece le prigioni cinofile dorate: i giardini!

I cani devono stare in giardino. Lì stanno una meraviglia, a che serve portarli in giro e prendersi cura di loro. Si divertono un mondo a non fare un cavolo dalla mattina alla sera, semmai rincorrendo api e insetti vari e semmai anche con una maschia catena al collo che dà loro sicurezza e senso del dominio (da parte dell’umano)”! Che schifo! È un modo odioso di intendere il rapporto con un cane. E rende questi sfortunati esseri a quattro zampe come dei milionari panciuti che credono di avere tutto dalla vita e invece l’unica materia di cui sono ricchi è: la noia!

Tra questi c’è il cane dei miei vicini: EURO (credo che sia stato chiamato così perché è stato preso dai suoi “padroni” quando la nostra amata moneta unica è entrata di prepotenza – e decisamente non voluta – nelle nostre vite). Un cane bianco di media taglia. Che passa buona parte del suo tempo a dormire su una panchina di cemento nel suo giardino di cemento. Uno di quei meticci dalla forma astratta, che ha più razze nel suo sangue che denti in bocca.

Quando esco la mattina con Elrond per andare al campo prende vita lo spettacolo della loro guerra. Fatta di battaglie, per ora e spero per sempre, solo sonore e intimidatorie. Il copione che seguono è sempre lo stesso. una messa in scena, se non fosse così priva di artifici la vita dei cani.

Elrond una volta superato il piccolo prato antistante la nostra casa si mette in posizione contro-euro. Tira come un husky che per la prima volta vede l’Antartico. Si appiattisce al terreno correndo come se fosse uno zerbino con le zampe. Ansima come un bulldog mafioso. Il cancello del nemico è ormai a portata di naso. Qui le opzioni sono due.

1.    1. Euro non c’è. Allora Elrond infila la testa tra le sbarre della ringhiera e lo cerca sniffando l’aria. Una volta avvedutosi che il giardino è vuoto, si lascia andare in una pipì soddisfatta e dispettosa contro il muretto del suo antagonista. a quel punto mi guarda con i suoi occhi spiritati come a dire “ho fatto, dai andiamo al campo a correre, che stiamo aspettando!”

2.     2. Euro c'è.  Ed ecco che arriva come un demonio bianco, abbaiando e ringhiando pronto alla lotta. Denti scoperti e sguardo vitreo da assassino seriale. è inferocito. lui abita in questa zona da anni, noi siamo gli intrusi. Elrond risponde da border collie. Saetta, salta, strepita, attacca con scatti meccanici. Lo tengo a stento. I musi si sfiorano, ma non si sono mai toccati.

Ormai è un rito nel quartiere dove abito. Euro ed Elrond, i due vicini nemici. Qualcuno potrebbe dirmi: ma perché non passi dall’altra parte della strada? Peggio. Perché in mezzo c’è una via a scorrimento veloce ed Elrond per fiondarsi verso al trincea nemica (ovvero il giardino di cemento di Euro) rischia di sbattere contro un auto che sfreccia di lì. Meglio rischiare il contatto diretto (che però non avviene finché lo tengo saldo il mio border).

Non c’è nulla da fare, Elrond l’Euro proprio non lo sopporta!

se vuoi seguire questo blog clicca mi piace sulla pagina: http://www.facebook.com/pages/IL-BLOG-DI-ELROND/129436007138181?sk=wall

domenica 29 agosto 2010

DA PASTORE A SIGNORE DI CORTE: un border collie con collare elisabettiano

collare elisabettiano 3

 

L’eczema umido alla zampa anteriore destra non guarirà facilmente se continua a tenere la fasciatura. Il veterinario ce l’ha detto chiaramente. Quindi ieri abbiamo preso la decisione di liberarlo da questo ridicolo “calzino” imbottito che lo faceva somigliare al capitan Achab di Moby Dick (inquietante sentire elrond nella notte camminare per casa con il rumore sordo come di chi si trascina le scarpe sul suolo per procedere pigramente) e abbiamo optato per il (più grottesco ancora) “collare elisabettiano”.

 

il nome di questo cono di plastica che si piazza intorno al capo del malcapitato cane cerca di nobilitare un aggeggio che è quantomeno scomodo per loro e risibile per chi lo guarda. però a volte diventa una necessità. Elrond continuerebbe a leccare i due piccoli eczemi che ha sulle falangi e quello che ha sul lato della zampetta, aggravandone la situazione. così siamo andati dal nostro negoziante di fiducia e lo abbiamo preso.

 

collare elisabettiano 2Farglielo indossare non è stata impresa difficile. con curiosità Elrond si è avvicinato al collare e ha inserito, quasi spontaneamente, la testa nell’infernale cono. una volta indossato si è tramutato in Furia Cavallo del West. dimenandosi e scalpitando come se fosse stato improvvisamente morso da una tarantola o un demone antico fosse entrato in lui dalle orecchie. nelle fasi concitate dei primi istanti ha sbattuto contro i muri, le sedie, il divano, le nostre gambe. pensavo che volesse sfasciare casa per vendicarsi della tortura a cui lo stavamo sottoponendo.

 

Poi però gli abbiamo dato un osso appena comprato. meglio di un esorcismo riuscito bene, la cosa ha funzionato. il demonio in lui si è placato e ha riacquistato la sua consueta tranquillità domestica. ilproblema è che lui è abituato a tenersi l’osso con le zampe mentre comincia a rosicchiarlo. e il collare elisabettiano non gli permette questa manovra. così per evitare che si innervosisse ulteriormente lo aiutavamo tenendoglielo fermo per lui.

 

Non contenti ci siamo messi a giocare un pò per casa. così da fargli avere una percezione positiva del casco alieno. ogni tanto lo liberiamo, gli facciamo prendere un pò aria. poi lo rimettiamo, ogni volta accompagnando la “vestizione” con una manciata di croccantini. associazione positiva, no?

 

Credo che abbia funzionato. ora indossa e si tiene questo collare con apparente tranquillità, andandosene in giro per casa come un cicisbeo un pò annoiato presso la corte della Regina Elisabetta. ogni tanto fa la lotta con l’osso, ma anche la  notte è trascorsa placida. ogni tanto sbagliando a prendere le misure sbatte contro qualche oggetto di casa, ma complice il caldo asfissiante della quasi africa in cui viviamo e delle corse sul lungomare al mattino e alla sera, riposa molto durante il giorno sognando prati immensi in cui nessun collare “spaccamaroni” possa limitare la sua voglia di fare!

 

 

collare elisabettiano

LinkWithin

Related Posts with Thumbnails